Dal 9 ottobre 2021 al 30 gennaio 2022, la Fondazione Ferrero presenta un nuovo progetto espositivo intitolato ‘’BURRI. La poesia della materia’’, dedicato a uno dei grandi protagonisti dell’arte del Novecento Alberto Burri, a cura di Bruno Corà. Per l’occasione si moltiplicano le occasioni di visita ad Alba Sotterranea…
La mostra, organizzata dalla Fondazione Ferrero vedrà un’esposizione di quasi 50 opere del maestro di Città di Castello che spaziano dai primi “Catrami” (1948), per finire con le ultime opere “Oro e Nero” datate 1993, prossime alla sua scomparsa avvenuta nel 1995; il tutto volto a mettere in risalto come l’entità poetica non sia appannaggio esclusivo della scrittura in versi, bensì di ogni altro linguaggio dell’arte – dalla pittura alla musica – capace di portare alla luce l’essenza profonda della realtà.
“Non si tratta solo di un ennesimo generico invito a considerare l’importanza decisiva della materia nella poetica di Burri, ma dell’idea di portare i visitatori a ripercorrere il rapporto tra tra l’opera di Alberto Burri e la parola in versi, la grande poesia del ‘900 e non solo”, spiega il curatore Corà, che cita Giuseppe Ungaretti: “Amo Burri perché non è solo il pittore maggiore d’oggi ma è anche la principale causa d’invidia per me: è d’oggi il primo poeta”.
La mostra ha al centro la materia, intesa come fonte di sperimentazioni in totale libertà di approccio al fare pittorico, generatrice di processi creativi in continua evoluzione. L’opera dell’artista è osservata come un laboratorio di sperimentazione che ha anticipato molte delle questioni che hanno interessato le correnti artistiche degli anni Sessanta del Novecento, come il Nouveau Réalisme, l’Arte povera, l’Arte neuminimale o il Fluxus.
Al centro della città di Alba, gli spazi espositivi di Palazzo Banca d’Alba offrono, parallelamente alla mostra in Fondazione Ferrero, un’ulteriore opportunità per conoscere la poetica di Alberto Burri.
L’esposizione Burri. Il Cretto di Gibellina a cura di Bruno Corà, Tiziano Sarteanesi e Stefano Valeri, è dedicata all’opera di land art e site-specific che Alberto Burri ha realizzato a Gibellina, il paese siciliano distrutto dal terremoto del Belice nel 1968, trasformandolo in un simbolo di rinascita estetica. Il maestro umbro, tra 1985 e 1989 concepisce e avvia la composizione del “Grande Cretto” (concluso nel 2015), utilizzando il cemento bianco per inglobare e trasformare le macerie irrecuperabili della città vecchia in un ideale sudario rivolto alla memoria del tragico evento.
Da questa imponente operazione prende forma un’opera tra le più estese del mondo con i suoi 80mila metri quadrati di ampiezza.
Il visitatore della mostra potrà scoprire, nell’arco della stessa giornata, anche il passato della città attraverso le sue radici archeologiche sotterranee, partecipando alle visite guidate dagli archeologi professionisti di Alba Sotterranea, che per l’occasione moltiplica le sue date di calendario (tutte le domeniche di gennaio – clicca qui per visualizzare l’elenco completo -; per gruppi, scolaresche o visite private su prenotazione in qualunque data). Si tratta infatti dell’ideale completamento della visita alla città, scoprendone i resti sepolti di età medievale e romana.
Di seguito il comunicato stampa della Fondazione Ferrero:
Un linguaggio materico, e poetico, quello di Alberto Burri (Città di Castello, 1915 ‒ Nizza, 1995), che con la sua arte alchemica ‒ una post-pittura che ne prende volitivamente le redini ‒ smonta la realtà e la ricostruisce nuova, diversa. La materia dei catrami, dei sacchi, della plastica e del metallo viene plasmata da Burri, che tra tele estroflesse, vinavil e combustioni ricrea una grammatica dell’informale pervasa da un onnipresente equilibrio compositivo.
La sezione aurea è infatti la Bibbia di Burri, come si vede nel Grande Bianco del 1952, che pur esulando dal linguaggio pittorico non ne può (né vuole) dimenticare le regole non scritte. Lasciato il realismo al cinema e alla fotografia, il poeta-artista filtra il mondo attraverso un processo entropico e radicale che sfrutta materiali poveri, aspri e spesso di scarto, come i sacchi di iuta, gli impiallacciamenti di legno e il cellotex insonorizzante, trasfigurati con il calore e il colore, con cuciture a nudo e dolorose saldature. Lacera e fonde e scartavetra e pinza: per Burri la fiamma ossidrica e i materiali d’avanguardia sono il nuovo corredo d’artista, e ciò che conta è “essere per significare, esistere per esprimere”, come lui stesso diceva.
La mostra è a cura di Bruno Corà, presidente della Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, e propone un allestimento originale studiato appositamente per gli spazi della Fondazione Ferrero e articolato in una serie di sale che accolgono quarantacinque opere, tra cui lavori di grandi dimensioni.
Burri. La poesia della materia e Burri. Il Cretto di Gibellina sono entrambe promosse dalla Fondazione Ferrero in collaborazione con la Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri e aperte al pubblico gratuitamente da sabato 9 ottobre 2021 a domenica 30 gennaio 2022.
La scelta di opere presentate in mostra alla Fondazione Ferrero copre un arco temporale che va dal 1945, con i primi “Catrami” (1948), sino alle ultime opere “Oro e nero” datate 1993 e prossime alla scomparsa dell’artista avvenuta nel 1995. Tra i lavori esposti, opere prime di Burri appartenenti ai cicli dei “catrami”, delle “muffe”, dei “sacchi”, “delle combustioni”, dei “legni”, dei “ferri”, delle “plastiche”, dei “cretti” e dei “cellotex”, esperienze cruciali per la pittura contemporanea che portano il nome dei materiali che l’artista di Città di Castello ha di volta in volta utilizzato trasformandoli in capitoli epici di un’unica concezione artistica.
Afferma Bruno Corà: “Il titolo della mostra, Burri. La poesia della materia, deve essere preso alla lettera. Non si tratta affatto solo di un ennesimo generico invito a considerare l’importanza decisiva della materia nella poetica di Burri. Ai visitatori della mostra di Alba proponiamo invece di assistere a un’indagine in fieri sul rapporto strettissimo, non solo a livello di fruizione estetica, ma autenticamente strutturale, costitutivo, tra l’opera di Alberto Burri e la parola in versi, la grande poesia del ‘900 e non solo”. Prosegue Bruno Corà “È stato Giuseppe Ungaretti, una delle voci oracolari più grandi del XX secolo a pronunciare una indimenticabile sentenza verso l’arte di Alberto Burri: «Amo Burri perché non è solo il pittore maggiore d’oggi ma è anche la principale causa d’invidia per me: è d’oggi il primo poeta»”.
Nell’evidenziare il rapporto tra Burri e la poesia, la mostra mantiene al centro della riflessione la materia, intesa come fonte inesauribile di sperimentazioni in una totale libertà di approccio al fare pittorico, generatrice di processi creativi in continua evoluzione.
L’opera dell’artista è osservata come un laboratorio di sperimentazione incessante che ha anticipato, con la sua ricerca fondata sulla riqualificazione linguistica, molte delle questioni che hanno interessato le correnti artistiche degli anni Sessanta del Novecento, come il Nouveau Réalisme, l’Arte povera, l’Arte neuminimale o il Fluxus.
La mostra è corredata da un catalogo edito da Skira, curato da Bruno Corà, con i contributi critici e di studio di Corà, José Jiménez, Thierry Dufrêne, Petra Richter, Mario Diacono, inclusivo di una ricca documentazione iconografica delle opere, di apparati biografici accompagnati da una antologia critica selezionata e del progetto espositivo.