Dal 12 al 22 settembre 2019 la chiesa di San Giuseppe ad Alba (CN) ospiterà la mostra Nakshi Kantha e Jajabor. Le missioni albesi in Bangladesh che testimonia stralci di storia della diocesi di Alba in missione in Bangladesh.

Tra i temi toccati: le ricamatrici delle suore Luigine, i Nakshi Kantha (gli “arazzi del Bangladesh”) e i Jajabor, le tribù nomadi bengalesi per cui si prodiga don Renato (clicca qui per approfondire la figura del missionario piemontese), al punto di seguirli negli spostamenti e vivere su barche e carri. La mostra sarà inaugurata sabato 14 settembre alle ore 17.30.

L’esposizione presenta alcune iniziative legate alla scuola e all’artigianato.

I primi colori che catturano chi visita la mostra sono i ricami delle Nakshi Kantha che qualcuno chiama gli Arazzi del Bangladesh (clicca qui per qualche dettaglio in più).

Queste opere di vere artiste hanno una storia romantica.

Le donne bengalesi quando aspettavano il marito che era andato in guerra o più semplicemente doveva arrivare dal lavoro dei campi o dalla pesca, confezionavano a casa piccole trapunte per i bambini o coperte per adulti, ricamate con abilità e impreziositi da infinita pazienza.

I disegni naif diventarono sempre più ricercati e quando l’arte bengalese si unì alle richieste di altre culture apparirono dei lavori che cominciarono ad essere apprezzati e richiesti sul mercato europeo. Migliaia di donne con questo lavoro riuscirono a integrare l’economia familiare e ottennero un rispetto e una dignità nuovi agli occhi degli stessi mariti, che non le considerarono soltanto più macchine per procreare figli, ma donne, che potevano avere voce nei loro villaggi, oltrechè nelle loro famiglie.

Nel 2015 per rinnovare i disegni con originalità e creatività nacque un progetto con le scuole mobili che don Renato aveva iniziato 24 anni prima. Un migliaio di bambini dei primi due anni di scuola crearono racconti e li illustrarono con la loro creatività e immediatezza. Il risultato fu sorprendente. Furono raccolti i disegni e copiati su stoffe per essere poi ricamati dalle mamme. Una pubblicazione raccoglie i racconti e i disegni. Questi ultimi sono tanto simili ai disegni rupestri realizzati migliaia di anni fa dall’infanzia dell’umanità.

C’è ancora una raccolta di vere opere d’arte ricamate da professioniste del ricamo.  Sempre nella mostra sono esposte oltre 200 immaginette dipinte a mano da giovani artisti bengalesi rappresentanti l’immagine di Gesù. Sono esposte poi circa 50 copie originali di icone antiche, colorate a mano, su cartoncino, prevalentemente con Pentel color brush e Tombow ABT. Le immaginette e le icone non sono firmate perché non si considerano opere d’arte bensì oggetti di culto e in ogni caso appartengono all’artigianato locale.

La mostra si potrà visitare dal martedì alla domenica con il seguente orario: 10.00-12.30 14.30-18.30

 

LA STORIA MISSIONARIA IN BANGLADESH

Le suore Luigine 53 anni fa arrivarono in Bangladesh che era uno degli stati più poveri del mondo.

La Chiesa locale era appena nascente e molti cristiani che formavano le comunità cattoliche avevano accettato il battesimo forse per 5 chili di riso, o un vestito o per un tetto di paglia per finire una capanna o per poter mandare un bambino alla scuola della parrocchia o per ottenere in un momento di emergenza, un posto in un ospedale gestito dai cristiani.

Tutto questo ci dice che le comunità cristiane erano molto fragili e tutte da formare. Era necessario promuovere iniziative varie su tutti i fronti e i missionari e le missionarie lavorarono instancabilmente nel campo dell’educazione, della salute e dell’alimentazione e della pastorale.

Nel 1947 il Bangladesh era stato diviso dall’India e unito al Pakisthan ed era diventato una sua colonia; il poco che aveva gli veniva ancora rubato dai pakistani, poveri anch’essi. Si arrivò così al punto che i bengalesi non sopportarono più la loro schiavitù e si ribellarono al Pakisthan per ottenere l’indipendenza e l’ottennero, ma a che prezzo! Tre milioni di morti fu il bilancio finale. Non furono uccisi in maggioranza dalle armi ma dalla miseria che si era creata in quanto il Pakisthan lasciando il Bangladesh indipendente, prima di partire gli uccise tutti gli intellettuali in grado di guidare il paese.

Erano mancati quasi totalmente i viveri base. La gente priva di forze dopo aver lottato fino all’impossibile si lasciava morire e così nel ’72 il Bangladesh da uno dei Paesi più poveri del mondo diventò proprio l’ultimo, dove si trovavano bene solo più i corvi. In questo periodo arrivarono in Bangladesh preziosi missionari che poterono con il loro eroismo attrarre molti alla fede cristiana che in quei momenti si presentava come unica ancora di salvezza: le suore Luigine erano già sul posto e arrivarono le suore di Madre Teresa, quelle della Santa Croce, missionari e missionarie del Pontificio Istituto missionario, Saveriani.

Questa Chiesa nuova arrivava da Italia, Francia, Canada, Stati Uniti e si univa alla fragile Chiesa locale per fronteggiare le fatiche di quel popolo e alimentare la loro fede dove era possibile. Le due Luigine che continuarono ad operare in Bangladesh sono state Suor Filomena e Suor Pierangela, che si sono dedicate in modo tutto particolare alla promozione delle donne con l’artigianato del ricamo offrendo loro una certa indipendenza economica scolarizzazione per i loro figli e per alcune la possibilità di avere una casa. Al momento è rimasta solo più sr. Pierangela, perché sr. Filomena è rientrata per motivi di salute.

 

Nel 1992 don Renato va in Bangladesh invitato da una comunità di Fratelli della carità di Madre Teresa che desideravano iniziare a lavorare con i nomadi.

Le Luigine lo accolsero perché non aveva nessun punto di riferimento in quel paese. Dopo 15 giorni si rese conto che in Bangladesh bisognava fermarsi. Tornò per un anno a concludere la missione in Brasile e passare la responsabilità ai collaboratori. Don Renato dopo essersi dedicato nel primo anno alla lingua iniziò la sua convivenza con i Jajabor (gli zingari dei fiumi).

Si iniziarono le scuole mobili estese poi anche all’India, dove l’insegnante vive con lo stesso gruppo dove c’è la scuola e li accompagna nelle loro migrazioni facendo scuola in tenda, in barca, sotto un albero o lungo il fiume. Sia le Luigine che don Renato lavorano con comunità per lo più musulmane e oltre all’attività scolastica e di artigianato si occupano ancora di salute e di attività pastorale con i pochi cristiani.