Premio Friuli Storia: recensioni dei libri
Come vi raccontavamo in un articolo di inizio estate, uno dei nostri soci è stato selezionato tra i trecento lettori nell’ambito del Premio Friuli Storia. Nei mesi precedenti una giuria accademica aveva selezionato tre saggi di storia contemporanea usciti quest’anno che, successivamente, sono stati inviati ad una giuria di trecento lettori. Ciascuno di essi, dopo aver letto attentamente i tre volumi ricevuti a inizio estate, è stato chiamato a votare quello ritenuto migliore. Nel frattempo, nonostante il suo voto premiasse “Terrore e terrorismo”, il premio è stato assegnato al libro “Fiume città di passione”.
In ogni caso, ecco le sue recensioni di questi tre bei libri che, anche se saggi storici, si legano in modo indissolubile all’attualità.
TERRORE E TERRORISMO/BENIGNO FRANCESCO
Per parlare di terrorismo Benigno sceglie di farne la storia, partendo da Robespierre e dal giacobinismo, il libro passa per Babeuf, Buonarroti, Mazzini e Carlo Bianco di Saint-Jorioz, Blanqui, Pisacane, i populisti russi, l’indipendentismo irlandese, la «propaganda del fatto» degli anarchici, il rapporto tra terrorismo e bolscevichi, i riflessi nel mondo coloniale, le lotte per l’indipendenza dell’Algeria, gli «anni di piombo» in Europa e in America latina, gli attentati palestinesi, l’11 settembre, per arrivare al recente terrorismo islamico.
Nel momento in cui si decide di ricostruire un qualunque fenomeno da un punto di vista storico, risulta fondamentale la capacità di selezionare quelli che sono gli eventi e le persone che, dalla Rivoluzione Francese al nostro tempo, possono essere ricondotte ad esso. Per fare ciò, tuttavia, è necessario saperne individuare le peculiarità e, allo stesso tempo, le continuità e le discontinuità che ne caratterizzano i cambiamenti nel tempo. Queste operazioni sono però rese ancor più complicate nel caso di temi come il Terrore e il Terrorismo, i cui confini sono spesso molto labili e sfumati.
E’ in questo frangente che l’abilità dello studioso emerge: Benigno riesce infatti a delimitare e collegare le diverse sfumature attraverso linee nette, ma non per questo eccessivamente semplificatorie, innestando su un fitto tessuto di dati sapienti collegamenti con persone, tempi e oggetti solo apparentemente slacciati tra loro. Che cosa accumuna e che cosa differenzia quindi Buonarrotti dai Bolscevichi, Guevara da Agca o Pisacane da Mazzini?
L’evoluzione storica illustrata nel libro ha mostrato che “il terrorista non è un individuo identificabile come tale, e distinguibile dagli altri per caratteristiche speciali. Definirlo tale non è altro che la qualificazione criminalizzante di un combattente che, se vista in modo rovesciato, può essere mutata in quella di patriota, eroe o martire”. Un altro elemento di continuità è legato all’attenzione verso il metodo e, di conseguenza, alle armi – dalla bomba Orsini a quelle più recenti che spesso hanno consentito di sopperire all’inferiorità tecnica, economica e organizzativa che hanno accompagnato i militanti di ogni epoca.
Inoltre, il principio di rigenerazione delle nazioni accomuna tantissimi rivoluzionari, dagli irlandesi agli algerini, senza dimenticare quelli che noi consideriamo patrioti italiani di epoca risorgimentale. Oltre a ciò, è sempre emerso come le autorità abbiano tentato di manipolare i militanti per “mettere ordine col disordine”, dando vita a vere e proprie storie di spionaggio che nel libro si incontrano. Interessantissima è la riflessione che porta l’autore a considerare l’azione terroristica un atto rivolto non tanto alla popolazione della nazione da colpire ma soprattutto ad un proprio popolo, ad una propria comunità: anziché terrorizzare, il terrorista intende conquistare i cuori e le menti un popolo ritenuto oppresso e sottomesso.
Ciò che connoterebbe il terrorismo contemporaneo è l’insieme delle conseguenze della recentissima rivoluzione digitale, grazie a cui la circolazione di notizie e immagini sul web avrebbe dato vita ad un vero e proprio ambiente digitale, in cui le tradizionali categorie di tempo e luogo sarebbero venute meno , rivelandosi quindi uno strumento efficace con cui diffondere e infuocare il messaggio che si vuole diffondere. Tutto ciò consente di dirottare l’opinione pubblica, contribuendo quindi ai processi di costruzione delle identità collettive in modo decisivo.
Senza scendere ulteriormente nel dettaglio dei contenuti, tale saggio è un autentico bagno nelle storie di uomini e donne che, in epoche e luoghi estremamente diversi, hanno compiuto azioni che, anche se in misure differenti, hanno provveduto a far girare le ruote della storia e che, allo stesso tempo, mostrano agli occhi dei lettori un altro volto o lucide riflessioni su eventi che hanno segnato epoche.
FIUME CITTÁ DI PASSIONE/RAOUL PUPO
Dopo aver letto Il leone di Lissa (Il Saggiatore, 2003), mi sono tuffato volentieri in questo altro viaggio in quelle terre e in quei mari contesi da secoli da repubbliche, stati, Imperi, città e federazioni, fronteggiando la polarità tra quelle che l’autore ha definito urbicidio e resilienza, con città quindi che, sotto molti punti di vista, sono state uccise ma che, allo stesso tempo, sono sopravvissute.
Durante la lettura, ciò che maggiormente mi ha colpito è stata la capacità dell’autore nel collegare le principali vicende della storia italiana ed europea, dal XIX secolo ad oggi, con quanto avveniva a Fiume e nei territori di sua competenza. Allo stesso tempo, estremamente lodevole è stata la sua capacità di catapultare il lettore nei tourbillon degli eventi fiumani, senza perdere il rigore che contraddistingue l’opera di uno storico, permettendogli di penetrare nella testa dei tanti protagonisti che hanno caratterizzato la storia di quella città che oggi si chiama Rjeka.
La città che è stata di Adamich, Maylender, D’Annunzio, Zanella, Valiani, Grazioli, Gandolfo, Harasim, Mohovich, di Grossich, Drenig, Morovich, di Testa di Ramous e di Venucci, nonostante una storia turbolenta, è sempre stata multiculturale, anche se in forme diverse: prima mediterranea-mitteleuropea, poi balcanica.
Una nota di merito è rappresentata dall’attenzione riposta dallo storico alla vita culturale della città e, in particolare, al ruolo storico rivestito dalle principali istituzioni e riviste di questo ambito. Pari attenzione è rivolta ad aspetti topografici che, in una città con una storia impetuosa come questa, hanno spesso assunto significati importanti: le famiglie fiumane asserragliatesi nel centro che per così tanto tempo hanno governato Fiume, i contadini croati del borgo di Susak, il ponte o i lavoratori del porto e degli stabilimenti industriali ad esso collegati.
Prima di iniziare a leggere il libro, alla luce del titolo, temevo un appiattimento della ricostruzione sull’affascinante periodo dannunziano, quando la città può essere descritta con pari dignità come un Paese dei Balocchi e come un luogo in grave crisi economica. Invece, anche se illustrata in modo estremamente chiara e completa, la parentesi dannunziana è considerata appunto tale: una parentesi che, oltre ad isolarsi nella lunga storia della città, risulta però ben coesa con i capitoli di storia precedente e successiva, indagati in maniera ugualmente profonda. Infatti, nel suo libro Raoul Pupo penetra, in modo analitico, nei vari periodi storici della città, dal corpo separato alla città irredenta, dalla “città di vita” di D’Annunzio al fascismo di confine, dalla guerra al secondo dopoguerra, ovvero al difficile passaggio da Fiume a Rijeka.
Infine, ma non per ordine di importanza, tutto ciò è stato scritto con un linguaggio accattivante e coinvolgente che, a tratti, se non fosse per il rigore e la lucidità di uno storico così attento, ci fanno dimenticare di essere alle prese con un poderoso saggio di tipo storico.
STORIA DELL’IMMIGRAZIONE STRANIERA IN ITALIA. DAL 1945 AI NOSTRI GIORNI/MICHELE COLUCCI
Un libro così ci voleva.
Un libro che molti di noi dovrebbero studiare per parlare di un fenomeno dibattutissimo con una quota sufficiente di profondità storica. Oltre agli studenti universitari, che avranno a loro disposizione un chiaro e lineare manuale, questo libro sarà utile a tutti quegli insegnanti che, sollecitati dalla quotidiana tempesta di notizie, potranno collegare i principali argomenti del quinto anno delle scuole superiori ad eventi, storie e legislazioni che hanno dato vita allo scenario attuale.
In questo volume emerge l’impostazione manualistica della pubblicazione che, se da un lato, rende più chiara e rigorosa la trattazione, dall’altro lato, rende meno avvolgente e scorrevole la lettura.
In ogni caso, risultano interessanti l’approccio – storico e non sociologico o antropologico – e i tratti di continuità che, come dimostrano le poderose argomentazioni dell’autore, accomunano le immigrazioni di periodi storici estremamente diversi. In effetti, lo studioso inserisce nella corretta prospettiva storica i diversi flussi migratori degli ultimi settant’anni, mettendo in luce il perenne ritardo della classe dirigente del paese che spesso non ha mostrato di aver compreso il fenomeno. In particolare, anziché produrre un’organica legislazione per gestire il fenomeno, per decenni, i governi di ogni colore hanno spesso utilizzato lo strumento della sanatoria che, con le proporzioni degli ultimi vent’anni, non è stato ovviamente più utilizzabile.
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