Classificazione: Classe Amphibia – Ordine Caudata – Famiglia Salamandridae

Salamandra di Lanza Salamandra lanzai Nascetti, Andreone, Capula & Bullini, 1988

  • La salamandra di Lanza è una buona specie endemica delle Alpi Cozie piemontesi: Valle Po, Val Pellice, Val Germanasca e loro valli laterali, dove è presente in un range altimetrico compreso fra i 1.200 e i 2.550 m s.l.m. (prevalentemente tra i 1.500 e i 2.200 m). La specie colonizza tipicamente ambienti alpini con elevata umidità e piovosità, caratterizzati da un esteso sviluppo di nascondigli superficiali (tane di micromammiferi, crepacci sotterranei, anfratti tra le rocce). Gli habitat più utilizzati dalla salamandra di Lanza sono i lariceti (specialmente alle quote più basse), le boscaglie rade con sottobosco di tipo erbaceo e le praterie alpine intercalate da massi. Non legata all’acqua per la riproduzione (Andreone et al. 2007). Valutata Vulnerabile (VU) perché nota per meno di cinque locations. Le popolazioni sono molto isolate l’una dall’altra e alcune di queste subiscono una certa mortalità a causa del traffico stradale lungo le strade rurali. La fruizione turistica con mezzi motorizzati rappresenta una grave minaccia per alcune popolazioni.

 

Classificazione: Classe Amphibia – Ordine Caudata – Famiglia Salamandridae

Salamandra pezzataSalamandra salamandra (Linnaeus, 1758)

  • Specie relativamente comune in ampie parti del suo areale italiano. Nelle Alpi e nella porzione settentrionale degli Appennini è ancora ben diffusa e talora abbondante, mentre nell’Italia centrale e in parte di quella meridionale appare più sporadica e localizzata e in costante diminuzione (M. Caldonazzi, A. Nistri, S. Tripepi in Lanza et al. 2007). Ne è stata recentemente confermata la presenza anche nella Sicilia nord-orientale (Turrisi & Vaccaro, 1998). S. salamandra è una specie legata in particolare ai boschi maturi di latifoglie decidue ma risulta comunque presente anche nei boschi di conifere. La riproduzione ha luogo per lo più nei mesi primaverili e la femmina si reca nei torrenti con acque limpide e correnti, negli abbeveratoi e nelle piccole pozze alimentati da sorgenti o nei fontanili per deporre le larve, fino a una settantina, ma di solito fra 20 e 40. Specie soprattutto crepuscolare e notturna, esce dai suoi rifugi anche in pieno giorno solo nelle giornate fresche e piovose o particolarmente umide, più che altro in autunno e in primavera.

 

 Classificazione: Classe Amphibia – Ordine Caudata – Famiglia Salamandridae

Salamandrina di SaviSalamandra perspicillata (Savi, 1821)

  • Mattoccia et al. (2005) hanno suddiviso Salamandrina terdigitata in due specie, distinguibili solo su base molecolare. In base alle ricerche di Romano et al. (2009), S. perspicillata è distribuita sull’ Appennino centro-settentrionale dal Piemonte (provincia di Alessandria) alla Campania nord-occidentale, Molise e Puglia (pre-Appennino Dauno), mentre S. terdigitata è diffusa sui rilievi di Campania, Basilicata e Calabria. S. perspicillata è diffusa prevalentemente in boschi di alto fusto con abbondante lettiera ma anche in macchia mediterranea, in aree collinari e montane. Solo le femmine di questa specie sono acquatiche durante la fase di deposizione delle uova che avviene generalmente in acque ben ossigenate, come piccoli corsi d’acqua a lento corso (di solito con fondali rocciosi), abbeveratoi e sorgenti. I siti riproduttivi sono costituiti soprattutto da ruscelli e torrenti non troppo impetuosi, in particolare nei tratti iniziali che sono meno soggetti ad eventi alluvionali e alla presenza di pesci introdotti. La Tendenza della popolazione è stabile.

 

Classificazione: Classe Amphibia – Ordine Caudata – Famiglia Salamandridae

Tritone appenninicoIchthyosaura alpestris ssp. apuana (Bonaparte, 1839)

  • La ssp. Apuana si incontra in zone collinari e appenniniche sia boscose sia coltivate. Endemismo italiano con areale appenninico. È presente sui rilievi del Piemonte centrale e meridionale (collina di Torino, Langhe), in Liguria (a ovest fino al savonese) e sull’Appennino ligure-piemontese e pavese, fino alla Toscana. La popolazione più meridionale è quella dei Monti della Laga, nel Lazio, del tutto isolata (F. Andreone, S. Tripepi, S. Vanni in Lanza et al. 2007). Vive in stretta associazione con l’acqua, preferendo siti a inondazione temporanea o semi permanente, ove non siano presenti pesci. La riproduzione avviene in acque ferme (F. Andreone, S. Tripepi, S. Vanni in Lanza et al. 2007), incluse raccolte d’acqua artificiali anche di dimensioni ridotte. Minacciata dall’abbandono della pastorizia che provoca la scomparsa dei siti riproduttivi (pozze, abbeveratoi), dall’introduzione di pesci e in generale da alterazioni antropiche (Lanza et al 2007). Le popolazioni della Toscana e del Piemonte sono considerate in declino per tali cause (Vanni & Nistri 2006, R. Sindaco in litt.). Una ulteriore e possibile futura minaccia è legata alla diffusione di patogeni in seguito alla recente espansione di rane alloctone (Adriana Bellati in litteris).

 

Classificazione: Classe Amphibia – Ordine Caudata – Famiglia Salamandridae

Tritone crestato italianoTriturus carnifex Dubois & Breuil, 1983

  • T. carnifex è presente in tutte le regioni italiane, tranne quelle insulari e isole minori. Frequenta un’ampia gamma di habitat di acque ferme, naturali e artificiali, dove solitamente trascorre circa 4 mesi all’ anno. Entra in acqua tra febbraio e marzo per rimanervi solitamente sino a maggio-giugno, ma in alcuni siti fino ad agosto o oltre. La specie predilige corpi d’acqua privi di ittiofauna, preferibilmente piuttosto profondi, soleggiati, con vegetazione e situati all’ interno o in prossimità di aree boscate. Gli habitat terrestri, frequentati tra giugno e febbraio, comprendono ambienti agricoli marginali, incolti, boschi a prevalenza di latifoglie. La tendenza della popolazione è in declino. In alcune aree di pianura, negli ultimi 10 anni si stima la perdita di quasi il 25% dei siti, sia per la scomparsa di zone umide con caratteristiche idonee, sia per il crescente impatto di predatori alloctoni come il gambero della Louisiana Procambarus clarkii (Temple & Cox 2009, Ficetola et al. 2011).

 

Classificazione: Classe Amphibia – Ordine Caudata – Famiglia Plethodontidae

Geotritone di StrinatiSpeleomantes strinatii (Aellen, 1958)

  • I geotritoni sono anfibi troglofili totalmente svincolati dall’ ambiente acquatico e vivono in siti con temperature relativamente basse ed alta umidità relativa. Frequentano spesso gli ambienti sotterranei, dove normalmente avviene la riproduzione. Tuttavia, non frequentando esclusivamente gli ambienti ipogei, i geotritoni si rinvengono in aree superficiali durante giornate con condizioni meteorologiche favorevoli. Gli habitat ipogei frequentati dai geotritoni  sono costituiti da grotte, ambienti sotterranei interstiziali, strutture artificiali come miniere, bunker, cantine e intercapedini. Gli habitat epigei frequentati risultano invece forre, impluvi, pareti rocciose in zone boscate, dalla macchia mediterranea fino ad habitat submontani di conifere nelle Alpi Liguri. In ambienti boscosi i geotritoni si diffondono nella lettiera umida, sotto sassi, tronchi e ceppaie. Il geotritone di Strinati è diffuso dalla Francia sudorientale alla estrema Toscana nord-occidentale, attraverso la Liguria occidentale e centrale, il Piemonte meridionale e l’Emilia occidentale. Sulle Alpi Marittime si spinge fino a oltre 2400 m di quota (Lanza, 1999b). Sebbene esistano poche informazioni sull’abbondanza di questa specie è considerato localmente abbondante e al momento non è considerata in declino in Italia (M. Bologna & S. Salvidio in Sindaco et al. 2006).

 

Classificazione: Classe Amphibia – Ordine Anura – Famiglia Bufonidae

Pelobate fosco italianoPelobates fuscus insubricus Cornalia, 1873

  • Le popolazioni italiane di P. fuscus italiane sono attribuite alla sottospecie insubricus. Un recente studio, pur sollevando dubbi sulla validità di P. fuscus insubricus, ha evidenziato che le popolazioni italiane hanno la maggiore variabilità genetica e custodiscono aplotipi ancestrali unici (Crottini et al., 2007). P. fuscus insubricus sopravvive ad oggi in circa 30 località sparse nella Pianura Padana, principalmente in Piemonte e Lombardia, nelle regioni biogeografiche continentale e, del tutto marginalmente in quella alpina. Sembra estinto dal Canton Ticino e Croazia (Sindaco et al., 2006; Lanza et al., 2007). Il pelobate era prevalentemente legato al corso dei grandi fiumi dove trovava condizioni favorevoli alla riproduzione e alla fase fossoria dell’adulto (Andreone et al., 2007) anche grazie alla presenza di suoli a matrice sabbiosa (Carisio et. al., 2014). Attualmente le popolazioni più importanti sopravvivono in ambienti morenici con zone umide a estesa presenza di habitat naturali (Eusebio Bergò et al., 2014). Si riproduce in diverse tipologie di zone umide, soprattutto temporanee ed è in grado di utilizzare stagni e fossi, piccole lanche o altri bacini naturali e artificiali. P. f. insubricus è considerato un taxon minacciato della Lista Rossa Nazionale (Rondinini et. al., 2013) e anfibio a priorità di tutela per la Direttiva Habitat.

 

Classificazione: Classe Amphibia – Ordine Anura – Famiglia Bufonidae

Rospo comuneBufo bufo (Linnaeus, 1758)

  • Specie distribuita in Europa, nord Africa e Asia dell’ovest. In Italia è presente su tutta la penisola, in Sicilia e all’Isola d’Elba. Presente dal livello del mare fino a quote superiori ai 2000 m (C. Giacoma & S. Castellano in Sindaco et al. 2006; W. Böhme, E. Paggetti, E. Razzetti, S. Vanni in Lanza et al. 2007). Specie molto adattabile, presente in una ampia varietà di ambienti, tra cui boschi, cespuglieti, vegetazione mediterranea, prati, parchi e giardini. Di solito si trova in aree umide con vegetazione fitta ed evita ampie aree aperte. Si riproduce in acque lentiche. È presente anche in habitat antropizzati (Temple & Cox 2009). Nonostante la popolazione meridionale sia in una situazione meno critica, a livello nazionale il trend di popolazione della specie mostra un declino superiore al 30% negli ultimi 10 anni causato principalmente dal traffico automobilistico e dall’alterazione e perdita di habitat, in particolare dei siti di riproduzione. Per queste ragioni lo status di conservazione della specie viene valutata Vulnerabile (VU).

 

Classificazione: Classe Amphibia – Ordine Anura – Famiglia Bufonidae

Rospo smeraldino italiano – Bufo balearicus (Stöck et al., 2008)

  • Un tempo era classificato come Bufo viridis; in epoca recente è stato riconosciuto come entità distinta (Stöck et al., 2008). Abbastanza comune nelle aree planiziali continentali, è in espansione in alcune regioni (Piemonte), anche a seguito di trasporto passivo, mentre nelle altre zone peninsulari italiane è specie localizzata e poco comune. Alcune popolazioni in ambienti antropizzati presentano una consistenza non superiore ai 30 individui (E. Balletto et al. in Lanza et al. 2007). Specie termofila prevalentemente planiziale e collinare ma distribuita fino a 1330 metri  s.l.m. (Romano et al. 2003). Il rospo smeraldino italiano è legato a formazioni steppiche o para-steppiche termofile prediligendo regioni costiere e zone sabbiose ma dimostrando notevoli capacità di adattamento termico. Durante la stagione riproduttiva, frequenta zone a elevato grado di salinità come le foci dei fiumi. Le uova sono deposte dentro pozze poco profonde (al massimo 60 cm) o sulle rive di ruscelli e fiumare a lento scorrimento e siti artificiali generalmente in aree aperte. La tendenza della popolazione italiana è in aumento.

 

Classificazione: Classe Amphibia – Ordine Anura – Famiglia Hylidae

Raganella italianaHyla intermedia Boulenger, 1882

  • In base a dati genetici, Hyla arborea è stata suddivisa in H. arborea e H. intermedia (specie endemica italiana). In Italia, H. arborea è presente esclusivamente nel Tarvisiano e sul Carso triestino e goriziano, mentre H. intermedia è diffusa in tutta la penisola e in Sicilia (ma considerata estinta in Valle d’Aosta). La raganella italiana predilige sostare sulla vegetazione erbacea, nei canneti, sulle macchie arboree ed arbustive non troppo lontane dai biotopi riproduttivi. Associata ai boschi di fondovalle, si riproduce in acque stagnanti (L. Lapini in Lanza et al. 2007). Capace di utilizzare anche habitat modificati (L. Emanueli in Sindaco et al. 2006, Temple & Cox 2009). Piuttosto abbondante sebbene le popolazioni di alcune valli alpine siano in declino (L. Emanueli in Sindaco et al. 2006, Temple & Cox 2009) o estinte (per es. Valle d’Aosta, R. Sindaco in litt.). Valutata specie a Minor Preoccupazione (LC) per la sua ampia distribuzione e per la popolazione presumibilmente ampia.

 

Classificazione: Classe Amphibia – Ordine Anura – Famiglia Ranidae

Rana verdePelophylax spp.

  • Il genere Pelophylax è formato da numerose specie non ibride, tra cui P. lessonae e da alcuni particolari taxa ibridi denominati “klepton”, tra cui P. esculentus, frutto dell’ ibridogenesi tra P. lessonae e P. ridibundus. Le popolazioni autoctone sono solitamente composte da individui ibridi e da non ibridi, frammisti tra loro, sebbene siano note anche popolazioni pure (Lanza et al., 2007). In Pianura Padana è presente il sistema “lessonae-esculentus” che nella Penisola e in Sicilia è sostituito dal sistema “bergeri-hispanicus”, talora considerate specie distinte. Condizione necessaria per il mantenimento dei sistemi ibridogenetici è l’assenza della specie parentale P. ridibundus. In Sardegna la specie è alloctona e, almeno per il momento, localizzata (Sindaco et al., 2006). Le due specie occupano vari habitat acquatici come paludi, fossi, stagni, cave allagate, lanche e bordi paludosi di laghi e fiumi, risaie, evitando solitamente i biotopi montani con acque fredde, le acque troppo correnti e gli specchi d’acqua troppo piccoli e isolati.

 

Classificazione: Classe Amphibia – Ordine Anura – Famiglia Ranidae

Rana agileRana dalmatina Bonaparte, 1840

  • R. dalmatina è presente in Italia in tutte le regioni continentali e peninsulari, ad eccezione della Valle d’Aosta, mentre è assente dalle isole. Frequenta sia ambienti boschivi (principalmente boschi di latifoglie, ma anche i pioppeti) sia ambienti aperti, quali prati, pascoli, brughiere, nonché incolti ai margini dei campi. La specie è praticamente assente dalle aree risicole. Si riproduce in corpi idrici stagnanti o a debole corrente, quali pozze, stagni, piccoli invasi e laghetti poco profondi, canali e fossi, anse fluviali e pozze laterali dei torrenti (Bernini et al., 2007; Picariello et al., 2006). La sua attività si svolge più che altro al crepuscolo e di notte, mentre di giorno esce all’ esterno solo col tempo fresco e umido. Durante le ore di luce, nei mesi più caldi e più freddi si rifugia sotto terra, fra le radici degli alberi, sotto le foglie morte e tronchi caduti, fra i vegetali marcescenti. È senz’ altro il più agile degli Anuri, può compiere balzi anche di un paio di metri. Relativamente abbondante, più comune al nord e localizzata al centro-sud, specialmente sul versante orientale (O. Picariello, F.M. Marino & F. Barbieri in Sindaco et al. 2006). Le popolazioni di pianura sono più esposte al declino per l’ intensificazione dell’agricoltura, l’urbanizzazione e per la presenza di specie alloctone (in particolare gamberi turchi e americani).

 

Classificazione: Classe Amphibia – Ordine Anura – Famiglia Ranidae

Rana temporariaRana temporaria Linnaeus, 1758

  • Specie diffusa prevalentemente sull’ Arco Alpino ma presente anche nell’ alta Pianura Padana (soprattutto in Piemonte) e sull’ Appennino settentrionale (Oltrepò Pavese, Toscana ed Emilia-Romagna). Una popolazione isolata si trova sui Monti della Laga (Lazio). Specie tipicamente legata ad ambienti montani o collinari, più raramente ad aree planiziali, di rado in zone con buona copertura vegetale. Sulle Alpi frequenta spesso praterie d’alta quota, mentre sull’ Appennino settentrionale è maggiormente associata ad ambienti forestali. Si riproduce in diversi tipi di zone umide, quali laghetti, stagni, pozze d’alpeggio, torbiere, abbeveratoi e torrenti. A livello locale i fattori critici per la specie sono la scomparsa di raccolte d’acqua per disseccamento o a causa di bonifiche, le modifiche delle condizioni idrauliche di torrenti, l’inquinamento delle acque, l’abbandono della gestione dei corpi d’acqua (come le pozze di abbeverata per animali d’allevamento), il disboscamento, la rimozione del sottobosco, l’intensificazione agricola, l’uso di prodotti chimici, il prelievo a scopi alimentari, la mortalità causata dal traffico veicolare e l’immissione di pesci predatori di uova e larve. In Nord Europa la specie è risultata particolarmente sensibile a Ranavirus che ne ha causano ingenti perdite (Teacher et al., 2010).