Classificazione: Classe Reptilia – Ordine Squamata – Famiglia Anguidae
Orbettino – Anguis veronensis (Linneo, 1758)
- Chiamato precedentemente Anguis fragilis il suo status tassonomico è stato recentemente rivisto su basi molecolari (Gvozdik et al. 2010) portando al riconoscimento di vari taxa nei Balcani. Studi in corso sembrano mostrare che anche le popolazioni italiane verranno a breve riconosciute come taxon differente da quelli centro-europei (A. Bellati e A. Crottini in litteris 2013). La completa mancanza degli arti potrebbe far confondere l’orbettino con un piccolo serpente; la presenza di palpebre mobili lo fa tuttavia distinguere immediatamente dagli Ofidi, nei quali le palpebre sono fuse tra loro e trasparenti, a “vetrino d’orologio”, e di conseguenza l’occhio appare in essi costantemente “aperto”. Nell’orbettino, inoltre, le squame dorsali e ventrali sono sub eguali fra loro, mentre nei serpenti quelle ventrali appaiono nettamente più grandi delle dorsali. L’aspetto generale ricorda da vicino anche quello della luscengola, la quale, se osservata con attenzione, rivela tuttavia l’esistenza dei quattro arti, seppure di dimensioni alquanto ridotte. Non sono disponibili dati quantitativi anche perché le abitudini fossorie rendono la specie difficile da censire, risultando comunque più abbondante in nord Italia, anche se in alcune zone della pianura padana la specie è regredita a causa dell’agricoltura intensiva (E. Razzetti e C. Soccini, in Bernini et al. 2004).
Classificazione: Classe Reptilia – Ordine Squamata – Famiglia Lacertidae
Lucertola muraiola – Podarcis muralis (Laurenti, 1768)
- La lucertola muraiola in Italia è presente in tutto il territorio nazionale ad eccezione di Sicilia e Sardegna, con una distribuzione pressoché continua nelle porzioni centro settentrionali. Nell’Italia meridionale la specie tende a essere più localizzata e presente fino all’Aspromonte sul versante tirrenico e fino all’altezza di San Benedetto del Tronto su quello adriatico, con una popolazione disgiunta nel promontorio del Gargano. È una specie amante del sole e sostanzialmente diurna, molto agile e vivace. È reperibile quasi in ogni tipo di ambiente, anche se privilegia le rocce, le pietraie, i vecchi muri, le pareti esterne e i tetti delle abitazioni rurali, i ruderi, le radure, il limitare dei boschi, dei cespuglieti, le rive incolte dei corsi d’acqua, le cataste di legna ecc.; di regola evita comunque gli ambienti urbani recenti e le vaste aree erbose aperte. Specie comune anche nell’ambiente antropizzato, in particolare presso i muri di pietra e/o mattoni ricchi di cavità, gli orti, i parchi e i giardini. I maschi sono territoriali e difendono dai rivali il loro spazio, talora azzuffandosi vivacemente fra loro. Non sembrano esistere minacce serie per la specie (C. Corti in Sindaco et al. 2006).
Classificazione: Classe Reptilia – Ordine Squamata – Famiglia Lacertidae
Ramarro occidentale – Lacerta bilineata (Daudin, 1802)
- Il ramarro occidentale è presente in tutte le regioni italiane, esclusa la Sardegna, presente sull’Isola d’Elba mentre è assente dalle altre isole minori italiane. Il ramarro orientale è invece limitato ad un’area ancora non ben definita del Friuli Venezia Giulia, dove sarebbe presente una zona di ibridazione tra i due taxa. Si può incontrare in varie situazioni ambientali ma soprattutto nei cespuglieti, nelle boscaglie, nei boschi luminosi, nei prati, nei parchi, negli incolti, lungo le rive di corsi d’acqua, nelle aree coltivate di tipo non intensivo; spesso frequenta le fasce ecotonali fra due o più di questi ambienti. Il periodo di inattività, a seconda delle caratteristiche climatiche della zona abitata, è compreso fra la metà dell’autunno e la fine dell’inverno, ma può essere interrotto in presenza di condizioni termiche favorevoli. Si nutre di invertebrati di piccola e media taglia e, in più modesta quantità, di piccoli vertebrati (giovani di anfibi, sauri (compresi i giovani della sua stessa specie), piccoli serpenti, uova di uccelli di piccole dimensioni, topolini); più raramente mangia anche vegetali, soprattutto piccoli frutti selvatici. Viene predato da alcuni serpenti (soprattutto il biacco e il saettone), da mammiferi carnivori (compresi quelli domestici), rapaci diurni e talora notturni, corvidi ecc.. In natura probabilmente non supera i 5 anni di età, ma in cattività può raggiungere anche i 15 anni.
Classificazione: Classe Reptilia – Ordine Squamata – Famiglia Colubridae
Colubro di Riccioli – Coronella Girondica (Daudin, 1803)
- In Europa specie dalla distribuzione centro-occidentale, presente dal Portogallo all’ Italia centro-meridionale e in nord Africa dal Marocco alla Tunisia. In Italia è più comune lungo il versante tirrenico; nelle Marche, Umbria e Abruzzo con segnalazioni sporadiche, mentre in Puglia è nota un’unica segnalazione nel Gargano risalente al 1996. Alcune popolazioni rimangono isolate in alcune valli alpine con oasi xerotermiche. Presente dal livello del mare fino a circa 1100 m di quota (E. Razzetti & L. Bonini in Sindaco et al. 2006, E. Razzetti e F. Bernini in Corti et al. 2010). Predilige ambienti con presenza di pietre o rocce affioranti. Si rinviene prevalentemente presso: fasce ecotonali in boschi misti supramediterranei radi, leccete sugherete, settori con vegetazione ad arbusti, macchia mediterranea o gariga. Mostra una certa antropofilia: si rinviene nei pressi di abitazioni, muretti a secco, ruderi, cataste di legno. Presente, ma in modo meno comune, anche in zone sabbiose e costiere (E. Razzetti e F. Bernini in Corti et al. 2010). Gli esemplari adulti possono raggiungere anche a 85 cm di lunghezza totale, ma di rado oltrepassano i 65 cm. Coronella girondica si alimenta principalmente di sauri (lucertole e gechi) e in minor misura da piccoli mammiferi e serpenti; i giovani si cibano anche di anellidi e di grossi artropodi, saltuariamente catturati anche dagli esemplari di maggiori dimensioni. I predatori sono soprattutto uccelli rapaci e varie specie di mammiferi. In genere C. girondica è una specie più lenta e meno vivace del colubro liscio (morfologicamente simile) e, a differenza di questo, non reagisce alla cattura mordendo.
Classificazione: Classe Reptilia – Ordine Squamata – Famiglia Colubridae
Natrice dal collare – Natrix natrix (Linnaeus, 1758)
- Distribuita in gran parte dell’Europa raggiungendo il lago Baikal a est e il Nord Africa. In Italia è comune nella penisola e in Sicilia mentre è più rara in Sardegna (dov’è presente la sottospecie N. n. cetti). Presente anche all’Isola d’Elba. Si trova a quote comprese tra 0 e 2300 m s.l.m. (A. Gentilli & S. Scali in Sindaco et al. 2006). Frequenta corpi d’acqua dolce o debolmente salmastra di ogni tipo (torrenti, fiumi a lento corso, canali, fossati, pozze, stagni, laghi e laghetti, vasche artificiali, abbeveratoi ecc.), sia in ambiente aperto sia in quello boscato, e si incontra con una certa frequenza pure all’interno delle aree urbane e suburbane. Gli adulti di grossa taglia possono allontanarsi anche di molto dall’acqua e si rinvengono spesso nei boschi e nei cespuglieti. Il periodo di inattività è compreso in generale dalla metà dell’autunno alla fine dell’inverno ma, a séguito di favorevoli condizioni climatiche, l’inattività può essere di durata più limitata. Non esistono informazioni quantitative sulla consistenza della popolazione nazionale, ma si ritiene relativamente abbondante e nel complesso non vi sono indicazioni di declino, tranne a livello locale (A. Gentilli & S. Scali in Sindaco et al. 2006).
Classificazione: Classe Reptilia – Ordine Squamata – Famiglia Colubridae
Natrice Tassellata – Natrix tessellata (Laurenti, 1768)
- In Italia la natrice tassellata è presente in tutte le regioni peninsulari, assente nella Calabria meridionale e nel Salento. In Liguria è limitata al bacino idrografico padano e a quello del fiume Magra. Manca da tutte le isole. Frequenta gli stessi tipi di ambiente della natrice dal collare, rispetto alla quale appare però assai più legata all’acqua a ogni età frequentando sia acque lentiche sia lotiche (S. Scali & A. Gentilli in Sindaco et al. 2006). Nuota con grande abilità e può restare immersa, adagiandosi sul fondo, anche per alcune ore. Ha costumi in netta prevalenza diurni (ma talora anche crepuscolari nei mesi più caldi), si nutre in larga misura di pesci mentre gli anfibi rappresentano una parte più limitata della sua dieta, piccoli uccelli e micromammiferi sono catturati in maniera del tutto occasionale. I predatori sono costituiti soprattutto da alcuni uccelli acquatici e rapaci, da qualche mammifero e da certi pesci carnivori (come ad esempio i grossi esemplari di luccio). Quando viene catturata reagisce in maniera simile alla natrice dal collare e come questa morde assai raramente. Un frequente comportamento difensivo è quello di vomitare il cibo ingerito, talora già in parte digerito.
Classificazione: Classe Reptilia – Ordine Squamata – Famiglia Colubridae
Biacco – Hierophis viridiflavus (Lacépède, 1789)
- Mezzasalma et al. (2015) hanno suddiviso la specie in due specie distinte, H. viridiflavus (Lacépède, 1789) e H. carbonarius (Bonaparte, 1833). I biacchi italiani sono ampiamente diffusi in tutto il territorio nazionale, incluse le isole maggiori e un gran numero di isole minori. H. viridiflavus è diffuso nell’Italia tirrenica centro-settentrionale, dal Lazio alla Liguria, in Piemonte meridionale e in Sardegna, mentre H. carbonarius è diffuso in Italia settentrionale dal Piemonte al Friuli Venezia Giulia, lungo la costa adriatica e in tutto il meridione, compresa la Sicilia. È difficile tracciare sulla mappa una linea di demarcazione tra gli areali dei due taxa. I biacchi sono serpenti con un’elevata plasticità ambientale e ampio spettro trofico. Prediligono ambienti eterogenei con ampia presenza di zone ecotonali, habitat aperti di incolto e coltivo, radure, muretti a secco, siepi, margini di habitat forestali. Generalmente evitano habitat chiusi, come i boschi maturi. Si trovano frequentemente anche presso corpi d’acqua dolce di vario tipo. Gli adulti si cibano soprattutto di sauri (più che altro ramarri e lucertole), micromammiferi e piccoli uccelli (compresi le uova e i nidiacei), talvolta anche di serpenti, inclusi quelli della propria specie e le vipere; meno di frequente catturano anche anfibi metamorfosati, che possono costituire tuttavia una parte non trascurabile della dieta in particolari situazioni ecologiche e biogeografiche (ad esempio nelle isole, come quelle di Montecristo e del Giglio). Alla cattura si mostra assai aggressivo e morde con foga, ma il suo morso, anche se un po’ doloroso, è assolutamente innocuo. Sebbene soggetta ad un’alta mortalità a causa di investimenti stradali, soprattutto nelle zone più infrastrutturate del paese e durante il periodo riproduttivo, la specie è valutata specie a Minor Preoccupazione (LC) per la sua ampia distribuzione, per la popolazione presumibilmente ampia, per la tolleranza a una vasta varietà di habitat anche modificati.
Classificazione: Classe Reptilia – Ordine Squamata – Famiglia Colubridae
Saettone comune – Zamenis longissimus (Laurenti, 1768)
- In Italia il saettone comune è diffuso in tutte le regioni del centro-nord, a sud fino a Lazio, Molise, Puglia settentrionale e Campania settentrionale. Specie prevalentemente diurna, il saettone comune è legato soprattutto ad ambienti boschivi (boschi mesofili misti maturi) o di boscaglia, soprattutto se caratterizzati da un elevato grado di naturalità e dalla presenza di numerosi ecotoni. Soprattutto terricolo ma sa arrampicarsi con molta abilità su alberi, cespugli, muri a secco e pareti esterne di vecchie costruzioni. Gli adulti si nutrono in netta maggioranza di micromammiferi e piccoli uccelli, comprese le uova e i nidiacei che spesso raggiungono nel nido (talora anche in quelli artificiali) arrampicandosi fino a vari metri di altezza. Più raramente catturano sauri e ancor più di rado, serpenti. Di regola la preda è uccisa per costrizione. Alla cattura questa specie reagisce mordendo furiosamente, ma non è assolutamente velenosa. Specie relativamente comune e localmente abbondante (Venchi & Luiselli in Corti et al., 2010) sebbene in Pianura padana la specie sia minacciata dall’intensificazione dell’agricoltura e dall’urbanizzazione. Il traffico stradale è spesso una delle cause principali di mortalità della specie (E. Razzetti & S. Zanghellini in Sindaco et al. 2006, Sindaco & Silvano 1991).
Classificazione: Classe Reptilia – Ordine Squamata – Famiglia Viperidae
Vipera comune – Vipera aspis (Linnaeus, 1758)
- Distribuita in Spagna settentrionale, Francia, Svizzera, Italia e aree marginali di Slovenia e Croazia. In Italia la vipera comune è presente in tutta la penisola, Sicilia, Isola d’Elba e Montecristo. Manca in Sardegna e nelle isole minori. Si trova dal livello del mare fino a 2800 m di quota (M. Zuffi in Sindaco et al. 2006). Frequenta svariati ambienti, soprattutto di tipo ecotonale: cespuglieti, incolti, boschi e boscaglie e loro margini, radure, pietraie, muri a secco, ruderi, praterie con affioramenti rocciosi o sassosi, ambienti coltivati, rive di corsi d’acqua. Di carattere timido ed elusivo, nonostante le dicerie a suo carico, di solito si sottrae al pericolo allontanandosi o restando immobile e reagisce con il morso solo quando non gli si presentino possibilità di fuga. Il suo importantissimo ruolo ecologico quale limitatore naturale di roditori dovrebbe essere meglio considerato e valorizzato. Il veleno, il cui effetto è senza dubbio sopravalutato per le campagne di distorta e anedottica informazione portate ripetutamente avanti dai mass-media, ha una mortalità attorno al 10% nell’uomo adulto ed è seriamente pericoloso solo per i bambini e le persone anziane, malate o debilitate. Specie relativamente comune nell’areale con densità comunque inferiori ai 20 individui per ettaro (M. Zuffi in Sindaco et al. 2006).
Classificazione: Classe Reptilia – Ordine Squamata – Famiglia Viperidae
Vipera dei Walser – Vipera walser (Ghilemi, Menegon, Marsden, Laddaga, Ursenbacher, 2016)
- Scoperta nell’estate del 2016 ai piedi del Monte Rosa è chiamata così in onore delle omonime popolazioni di origine germanica che abitano alcune regioni delle Alpi valdostane e piemontesi. Morfologicamente affine a Vipera berus (Marasso) ma notevolmente distinta a livello genetico da tutte le altre specie di vipera che vivono in Europa. Questo serpente è presente soltanto in alcune vallate del Piemonte nord-orientale e nel biellese. La V. walser è considerata una specie relitto, ovvero una specie che, durante l’ultima glaciazione sull’arco alpino, è riuscita a trovare zone di rifugio nelle quali alcune popolazioni sono riuscite a sopravvivere fino ai giorni nostri. Ecco probabilmente spiegato il perché della sua maggiore affinità con specie caucasiche piuttosto che quelle presenti oggi sulle Alpi occidentali. A pochi mesi dalla sua scoperta, la vipera dei Walser è considerata una delle vipere a maggiore rischio di estinzione del pianeta. Le cause del suo status sono in primis la ridotta dimensione numerica della popolazione ma anche la frammentazione del suo ambiente di vita in relazione alla gestione dei pascoli montani e all’ aumento della superficie boscata. Un ulteriore ostacolo per la salvaguardia di questa specie è il pericolo causato dai collezionisti che, pur di ampliare le propri collezioni non si preoccupano della sensibilità numerica della specie che risulta minacciato da prelievi anche esigui.