Spada in bronzo, dal letto del Tanaro presso Roddi.

Spada in bronzo, dal letto del Tanaro presso Roddi.

Le ultime vetrine dedicate alla Preistoria, raccontano, attraverso i reperti esposti, come si viveva ad Alba nella fase finale dell’Età del Bronzo e l’Età del Ferro, fino all’arrivo dei Romani.

La tarda Età del Bronzo

Durante la medio-tarda età del Bronzo (1.650-1.200 a.C.) la documentazione archeologica raccolta nell’area compresa tra corso Langhe e il Cherasca permette di ipotizzare la presenza di piccoli nuclei abitati, basati su forme economiche semplici (agricoltura e allevamento) e sugli scambi. I reperti legati alla vita quotidiana vengono, in questa sala, rappresentati in gran numero.

Dopo secoli di disboscamento, estese coltivazioni di cereali (orzo, frumento, miglio, panico, segale e avena) e di leguminose (favino) garantivano il sostentamento di gruppi sempre più numerosi; l’allevamento di bovini, caprovini e suini era finalizzato alla produzione di carne, latte e lana e, nel caso dei bovini, garantiva anche l’aiuto necessario nel lavoro dei campi. Un ruolo secondario sembrano avere rivestito la pesca e la caccia (cervo, capriolo), quest’ultima effettuata con l’aiuto di cani che verosimilmente erano impiegati anche nel controllo delle greggi e delle mandrie.

Attività artigianali a carattere domestico, quali la lavorazione dell’argilla per la produzione del vasellame in ceramica, la fusione del bronzo e la lavorazione del legno (prevalentemente di ontano e di faggio) per la fabbricazione di strumenti ed utensili si svolgevano all’interno dell’abitato; la filatura di fibre vegetali e della lana è confermata dal rinvenimento di numerose fusaiole.

La collocazione di Alba tra gli insediamenti che costellavano l’importante via fluviale del Tanaro, utilizzata a partire dal Neolitico per veicolare merci e materie prime anche sulle lunghe distanze, garantiva i collegamenti e probabilmente alimentava la diffusione verso la Padania centrale di prodotti finiti e di metallo grezzo, proveniente soprattutto dai giacimenti cupriferi delle Alpi occidentali. I contatti con le culture della valle del Ticino spiegano sia la comunanza delle tipologie metalliche, sia l’arrivo di stagno grezzo, forse dall’Europa orientale.

L’attività metallurgica ci viene testimoniata dal ritrovamento di porzioni di lingotto  di metallo, destinati a piccole fusioni o utilizzati come mezzi di scambio. Questi reperti  provengono dalle tombe di corso Piave e dall’abitato di Borgo Moretta, dove negli anni tra le due guerre è stato rinvenuto anche un ripostiglio con diverse lingotti di bronzo, andato purtroppo perduto.

Infine, di particolare pregio è la spada in bronzo ritrovata sul letto del fiume Tanaro presso Roddi. In Piemonte, come nel resto d’Europa, le spade ritrovate nei fiumi appaiono deposte senza tracce d’uso e sono interpretate come un’offerta ai defunti o alle divinità, secondo il ben noto collegamento del mondo antico tra le acque profonde e gli Inferi; un indizio in questo senso può essere il nome celto-ligure del Po, Bodinkos, tradotto da Plinio come “senza fondo” e cioè come direttamente in contatto con le acque sotterranee. Un richiamo è possibile con la frequente menzione nella mitologia indoeuropea di armi eccezionali fornite all’eroe da una divinità femminile delle acque (Teti con Achille, la Dama del Lago con Lancillotto ed Artù ….), cui talvolta le armi sono poi restituite.

L’età del Ferro

Monete di produzione sardo-punica dall'Albese

Monete di produzione sardo-punica dall’Albese

Intorno al 900 a.C. una breve fase di instabilità climatica con ripetuti fenomeni alluvionali determina l’abbandono dei bassi terrazzi fluviali. Nella prima età del Ferro, fino a circa il 500 a.C., la via del Tanaro diventa l’asse principale della rete commerciale impostata dagli Etruschi a sud del Po con diversi empori fluviali.

L’Albese costituisce, con la valle Belbo, la propaggine nord-orientale del territorio dei Bagienni, mentre l’agglomerato più consistente in questa fase appare il pianoro di Fossano. Di stirpe celto-ligure, i Bagienni derivano il loro nome dall’albero del faggio (indoeuropeo *bhagos), venerato anche dai Latini e connesso a Giove ed ai giuramenti. Ancora oggi piccoli boschetti appaiono collegati a chiese cristiane, come il Santuario della Madonna del Bel Fô ad Oncino.

Nel corso del V secolo a.C. si manifestano nella valle del Tanaro le avanguardie non necessariamente bellicose dell’invasione gallica degli inizi del IV secolo: di fatto si interrompe il commercio con l’Etruria padana mentre infiltrazioni appaiono indiziate da ritrovamenti di manufatti metallici caratteristici e da relitti toponomastici (Verduno, dal gallico viro-dunum “salda rocca”).

La fase successiva vede l’arroccamento dei gruppi liguri nelle valli; l’area bagienna si stabilizza fino al III secolo attraverso legami con l’emporio di Genova ed in contrasto con gli Statielli della valle Bormida, più collegati a Savona; nella seconda guerra punica i Bagienni figurano dapprima tra le truppe alleate di Roma nel disastro di Canne.

Probabilmente ad Alba si costituisce un piccolo centro, capoluogo (alba nel mondo ligure, dalla stessa radice di Alpi, indica il centro principale di una tribù) di un sottogruppo dei Bagienni, da localizzarsi in un sito ancora da individuare, diverso da quello della città romana e più arroccato.

Il quadro economico che emerge dagli abitati liguri a sud del Po tra IV e II secolo a.C. mostra un impoverimento legato alla crisi della rete commerciale, alla frammentazione del popolamento in piccoli insediamenti ed alle difficoltà create all’agricoltura specializzata (in particolare la viticoltura) e all’allevamento bovino dal succedersi di campagne militari distruttive (le ritorsioni di Cartaginesi ed alleati nella seconda guerra punica, le guerre romano-liguri).

Ne risulta così una società in cui la principale attività produttiva diventa la pastorizia di ovicaprini, facilmente affidabile anche a donne e adolescenti, mentre i giovani più robusti si allontanano alla ventura cercando fortuna con l’attività mercenaria negli eserciti cartaginesi ed in Italia meridionale, con paralleli in altre aree povere del mondo antico, come l’Arcadia in Grecia. Gli effetti di questo fenomeno saranno solo in parte mitigati in età romana, quando a fianco della produzione ceramica risulterà prevalente l’artigianato laniero (rinomata l’attività di tintori e lanai a Pollenzo), mentre la fascia appenninica vedrà grandi estensioni a pascolo di proprietà di latifondisti. D’altra parte fino al II secolo a.C. saranno famosi i mercenari liguri, utilizzati come truppe leggere ed incursori fino alle guerre puniche, armati di frombole, giavellotti e scuri da lancio, fino ad essere progressivamente incorporati nell’esercito romano già nelle guerre giugurtine.

Una traccia dell’arruolamento di mercenari nel Cuneese da parte dei Cartaginesi nel III secolo a.C. è riconoscibile nella limitata circolazione di monete in bronzo di produzione punica e sardo-punica, confermata da ritrovamenti anche nell’Albese; questi pezzi, utilizzati per il salario delle truppe, non sono mai arrivati però a costituire un reale strumento di pagamento diffuso nella Liguria interna, dove l’economia limitata manteneva un prevalente carattere premonetario.

 

  • Il Museo Civico archeologico e di scienze naturali Federico Eusebio costituisce la tappa finale di tutti i tour di “Alba Sotterranea. Il passato è sotto ai tuoi piedi”.
  • E’ inoltre il fulcro di un’ampia offerta didattica (oltre 150 le attività proposte) interessante per ogni settore di insegnamento e per istituti scolastici di ogni ordine e grado: per leggere la presentazione dell’offerta, scaricare il catalogo o prenotare “Il museo per la scuola: scegli tra 150 attività”
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