Il Diario del naturalista alle Antille (francesi)
Agosto – settembre 2013, Pointe-à-Pitre
Il Diario del Naturalista alle Antille è scritto da Luca Pellegrino: nell’estate del 2013 ha collaborato con Ambiente & Cultura per il riordino della sezione di Antropologia fisica del museo Eusebio di Alba, curata dal conservatore prof. Ezio Fulcheri e costituita da oltre 300 sepolture di epoca preistorica, romana e medievale.
Il 26 agosto è partito per il suo progetto di studio universitario Erasmus alle Antille francesi.
Arrivo e sistemazione…
Arriviamo a Pointe-à-Pitre alle 17.40, dopo un volo di circa 8 ore partito da Parigi. Fa già buio. Caldo e umidità: la stagione delle piogge (ou si vous preféréz: “hivernage”) ci riserva il suo benvenuto; per chi arriva da Parigi, che in questi giorni era abbastanza fresca, è una bella batosta. Cerco, insieme ai miei due compagni di viaggio (Emiliano e Paolo, un naturalista e un geologo), un taxi che ci porti al Campus de Fouillole: lo si trova in fretta, si contratta il prezzo e si parte, abbastanza spediti per potersi godere un po’ d’aria coi finestrini aperti. Lungo il tragitto autostradale un traffico inatteso, cartelloni pubblicitari in francese e in creolo, un grande ipermercato di una catena francese che ormai in Italia sta sbancando… La sensazione è strana: non siamo in Europa, l’ambiente naturale, il clima, ci raccontano una storia completamente diversa, ma le grandi catene transnazionali sono sempre le stesse e, ora come ora, per quello che vedo, potrei dire di trovarmi ancora nel Vecchio Continente, in una serata particolarmente afosa.
Il canto, assordante, continuo, acutissimo, di uccelli ed insetti notturni, fa da cornice sonora a questa scenetta tragicomica: 3 italiani che grondano sudore, con questi enormi trolley appresso, che si trascinano per una salita e si guardano in faccia come per dire “ma dove accidenti stiamo andando?!?”. Sembra quasi una barzelletta, manca solo il bontempone che spunta da dietro un albero a farci “buh!” e noi che gettiamo i bagagli a terra e ce la diamo a gambe. Diplopodi e gasteropodi polmonati ci fanno compagnia… Il Campus ci appare immenso, non sappiamo veramente dove andare…
Per farla breve, a furia di vagare in cerca di aiuto, lo troviamo: due ragazzi, gentilissimi e molto pazienti, ci danno una mano a trovare il portinaio, un signore con gli occhialetti, torso nudo e pantaloncini che non sembra per niente stupito di vederci. Ci fornisce finalmente le chiavi delle stanze: la mia è al 10° piano della “tour” la torre che sovrasta il Campus. Tempo di mettere a posto i bagagli, cambiarci e pensiamo subito a mangiare qualcosa. Per raggiungere il chiosco dei panini (ahimè con niente di così tipico all’interno), ci prendiamo una bella lavata: 5 minuti di pioggia intensissima, una doccia insomma. Hivernage mesdames et messieurs, hivernage…
Dormito bene, stranamente: temevo un brutto impatto con le nottate antillesi, che, forse perché la mia stanza è al 10° piano, sono invece piuttosto ventilate.
Insomma, sono qui da una ventina di giorni: ho visto qualcosa (pochissimo) di Grande Terre, l’isola calcarea, e ancora meno della mia meta prediletta, la foresta di Basse Terre, l’isola vulcanica dominata dal vulcano La Soufrière (1464 m). Spostarsi in macchina è purtroppo l’unico modo per vedere qualcosa di interessante (ma che dico, entusiasmante!) dal punto di vista naturalistico, come questo scorcio di foresta, nei pressi di les Mamelles, proprio al centro del Parc National de la Guadaloupe (uno dei 9 parchi nazionali francesi, istituito nel 1960).
La botanica è per ora l’aspetto naturalistico che mi impegna maggiormente, se non altro perché ho modo di cimentarmi di continuo col riconoscimento di alberi e arbusti, anche solo andando a fare la spesa al mercato di Pointe-à-Pitre (la città principale). Rimango stupito ogni volta che sul ciglio della strada trovo banani (Musa spp.) e alberi del pane (Artocarpus altilis), abituato come sono a vedere quotidianamente tigli e platani lungo i viali di Torino… Devo ammettere che la mia già scarsa preparazione in botanica sistematica può tranquillamente andare a farsi friggere. In ogni caso, sono riuscito a metter le mani su un testo di botanica locale nell’attrezzatissima biblioteca universitaria e prometto di tirare giù due righe per far contenti i sistematici più incalliti. Non temete, il tempo della nomenclatura binomia è prossimo!
Non posso non citare la bestiola che mi ha colpito maggiormente durante questo primo periodo, forse per i colori, forse perché ne ho viste a decine insidiare i cespugli antistanti il supermercato nei pressi del campus, sempre sulla stessa pianta: ecco a voi Pseudosphinx tetrio, un lepidottero appartenente alla famiglia Sphingidae. Questa nella foto è la sua forma giovanile, un bruco di una decina di centimetri di lunghezza, dai colori sgargianti, aposematici: si nutre delle foglie, contenenti composti fitochimici tossici, di piante appartenenti alla famiglia delle Apocinaceae, come appunto l’Allamanda cathartica (spero di averla azzeccata…) che vedete nella foto.
Il risultato di questa grande abbuffata è duplice:
l’arbusto viene praticamente defogliato, e il bruco si trasforma in un
manicaretto piuttosto indigesto. I bruchi sono inoltre attrezzati con setole irritanti e mandibole in grado di lasciare qualche spiacevole ricordo ai predatori più ostinati…
Vi lascio con un breve scorcio del marché di Pointe-à-Pitre: se come me amate i mercati chiassosi e colorati, vi assicuro che questo è un posticino da intenditori…
Insomma, da vedere, studiare (e assaggiare!) c’è parecchio qui a Gwada, anche solo a due passi da “casa”. È tutto per ora, vi tengo aggiornati, passo e chiudo!
A bientôt!
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