La Canonica di Santa Maria di Vezzolano si trova nel comune di Albugnano, in provincia di Asti, a circa 1,7 km dal centro del paese, a 438 m sul livello del mare.
Per arrivare al monumento si percorre la strada provinciale 33 fino ad un quadrivio, in corrispondenza del cimitero di Albugnano, dove si può vedere l’antica chiesa di San Pietro, di fondazione romanica, un tempo parrocchiale.
Si è a lungo discusso su quale dovesse essere l’aspetto di questa regione prima della costruzione della canonica. I visitatori ottocenteschi insistono sull’isolamento del luogo, circondato da boschi, raccontano di aver vagato per giorni fra le colline e i vigneti alla ricerca di questo monumento tanto celebrato, quanto poco noto. Ma diversi indizi fanno supporre che il luogo fosse abitato fin dall’età romana, e ad un nome famigliare romano, Vettiolus, si fa risalire il nome della località. Anche in età altomedievale la località doveva essere abitata; si suppone vi fosse un villaggio rurale e una piccola chiesa di proprietà signorile, che fu il nucleo originario da cui sorse la canonica.
Ci si trova nel lembo estremo del Basso Monferrato, a breve distanza dal confine tra le attuali province di Asti e di Torino. Anche alla fine dell’XI sec. si trattava di una zona di confine, tra la marca di Torino e la marca aleramica. Nel secolo successivo, disgregandosi queste due grandi signorie territoriali, emersero i comuni di Chieri e di Asti.
Anche dal punto di vista dell’amministrazione ecclesiastica si tratta di una zona di confine. All’epoca della sua fondazione la canonica era nella diocesi di Vercelli, a brevissima distanza da quelle di Torino e Asti, ed alcune delle sue dipendenze erano addirittura della diocesi di Ivrea.
Oggi la chiesa di Vezzolano è cappella dipendente dalla parrocchiale di Albugnano, ed il parroco ne conserva il titolo onorifico di “abate”.
La storia
In passato fantasiose ricostruzioni hanno tentato di riportare indietro nel tempo l’età della fondazione di Vezzolano per ottenere un qualche utile propagandistico per una famiglia o per una certa parte politica. Si è fatta risalire la fondazione della chiesa al re longobardo Liutprando; secondo la leggenda – promossa per tentare di rivendicare la totale autonomia della chiesa – sarebbe stata fondata per volere di Carlo Magno nel 773: colto da una crisi epilettica nel corso di una battuta di caccia nei pressi di Albugnano, a guarigione avvenuta, Carlo avrebbe ordinato di far erigere questa chiesa in onore della Vergine (forse anche in seguito alla visione, passando accanto a una piccola edicola della Madonna, di alcuni scheletri e di un eremita che lo avrebbe invitato a costruire una chiesa dedicata a Maria).
La Canonica di Santa Maria di Vezzolano faceva parte di un importante complesso monastico risalente all’XI secolo. Degli edifici che componevano l’antico monastero sono arrivati fino a noi la chiesa, il chiostro e la sala capitolare. In epoca medievale Vezzolano conobbe una lunga fase di potere e ricchezza e ancora oggi è uno dei monumenti romanici più visitati del Piemonte. Imboccando il sentiero in mezzo al verde, in una quiete assoluta, la canonica si scorge all’improvviso.
Il più antico documento in cui si cita la chiesa è del 1095. In questo anno due ecclesiastici di nome Theodulus ed Egidius ricevono in dono da alcuni nobili una chiesa di Santa Maria ed altri beni perché li governino e fondino una comunità religiosa. Non sappiamo chi fossero i due preti, né se erano soli o se agivano già in rappresentanza di un gruppo più vasto; in ogni caso la facoltà data loro di scegliersi dei seguaci ha probabilmente fatto sì che il corpo di canonici fosse formato da una rappresentanza delle più importanti famiglie della zona.
Del primitivo edificio non è rimasta traccia, anche se alcune testimonianze dicono che ancora in età moderna si vedevano nel luogo attualmente occupato dall’abside destra alcune rovine. Sappiamo da un documento successivo – una bolla di papa Alessandro III del 1176 – che i religiosi seguivano la regola di Sant’Agostino. Si trattava quindi di una canonica regolare: non un vero monastero, ma una comunità di preti diocesani che seguivano la regola monastica del Vescovo di Ippona.
Questa epoca è stata chiamata la “Rinascita dell’XI sec.”. Nelle città il “popolo” aspira ad una maggiore autonomia, si oppone ai grandi nobili e a un clero troppo compromesso con il potere imperiale. La chiesa asseconda questo processo dando vita ad un grande movimento riformatore, la Riforma gregoriana (da papa Gregorio VII), tentando di emancipare la Chiesa dal controllo del potere politico. La protesta si rivolgeva in particolare contro la secolarizzazione degli ecclesiastici, che vedevano nella loro missione l’occasione per arricchirsi (in particolare furono bersaglio il concubinato e la simonia: compravendita di cariche ecclesiastiche ed indulgenze). Importante strumento della riforma fu il rinnovamento dell’istituzione dei canonici regolari, che conducevano una vita comunitaria, improntata agli ideali di povertà e castità, secondo una regola che veniva fatta risalire a Sant’Agostino.
La diffusione delle canoniche regolari riformate fu vasta per tutto il periodo della riforma gregoriana.
Nella seconda metà del XII sec. comincia la costruzione dell’attuale chiesa, in gran parte sotto la direzione del praepositus (prevosto) Guido ricordato nell’iscrizione sul pontile. Ai primi anni del secolo successivo sono terminati i lavori della chiesa, mentre il chiostro e il resto del complesso vengono completati in seguito, e poi più volte rimaneggiati.
La grandezza di Vezzolano è al culmine alla fine del XIII sec.; poi inizia il declino. Nel XV sec. la chiesa è data in commenda, viene cioè affidata a un grande ecclesiastico che porta il titolo e percepisce le rendite, ma non vi risiede. Nel corso del XVII sec. diverse visite pastorali lamentano il degrado della chiesa, che non è più sede di una comunità attiva. Nel 1631 il territorio di Albugnano passa dai Marchesi di Monferrato ai Savoia, ed essendosi perso il ricordo della storia antica, la chiesa comincia ad essere chiamata impropriamente abbazia, termine col quale è nota anche oggi, e designata come “dell’ordine di San Benedetto o di altro ordine”. L’opportuno ripristino della corretta denominazione è recente e importante perché Vezzolano ebbe origine dalle identità religiose rimesse in valore dal movimento di riforma della Chiesa che si sviluppò nell’XI sec.
Con l’età napoleonica l’istituzione viene soppressa e tutti i beni sono incamerati dallo Stato in vista di una cessione ai privati. A differenza di ciò che succede in molti altri casi la chiesa non viene abbattuta, ma rimane di proprietà demaniale e passa in gestione alla parrocchia di Albugnano, un evento che ha permesso di salvare un grande tesoro d’arte. Invece i beni fondiari e il resto degli edifici, compreso il chiostro, vengono venduti a privati.
Nel 1927 muore l’ultima proprietaria, che lascia i beni di Vezzolano all’Accademia di Agricoltura di Torino. Negli anni successivi il chiostro e gli ambienti annessi passano allo Stato: comincia un’importante campagna di restauro (1935-1937) per la risistemazione degli edifici e il recupero degli affreschi, ormai ridotti in condizioni penose per le infiltrazioni d’acqua e l’incuria. In tempi più recenti, nuovi restauri interessano le coperture (1986), la facciata (1989-1990), il pontile (1996-1997), nuovamente gli affreschi (2002).
La facciata
La facciata di Santa Maria di Vezzolano è il risultato di diverse fasi costruttive, che le hanno dato l’aspetto definitivo secondo i canoni dell’architettura romanica del XII-XIII sec. Essa è molto ricca e complessa, alterna ai mattoni fasce in arenaria e appare divisa in tre grandi corpi, separati da grosse paraste, che corrispondono alle tre navate dell’interno. Al centro vi è un grande portale, sorretto da semicolonne a base semicircolare e quadrata; capitelli decorati con motivi vegetali ed animali fantastici reggono un’arcata, che ha all’interno l’immagine della Madonna in trono fra un angelo e un devoto con lo Spirito Santo in forma di colomba che le parla all’orecchio.
Al di sopra vi sono tre ordini di loggette cieche rette da colonnine; l’ordine superiore termina con archetti che alternano il rosso del cotto con il colore chiaro dell’arenaria.
In una grande ed elaborata bifora compare al centro Cristo benedicente; ai lati, due arcangeli, identificati solitamente con Raffaele, a sinistra, e Michele, a destra. Entrambi calpestano mostri, immagine del male sconfitto dal bene.
Al di sopra della bifora, due angeli che reggono ceri. Alternati ad essi, tre grandi bacini ceramici di produzione araba: si trattava di beni di lusso, incastonati nella facciata come gemme preziose.
Nell’ordine superiore, due immagini angeliche, che combinano i caratteri dei cherubini (ruote del fuoco del carro del Signore) e dei Serafini (sei ali). Purtroppo le teste sono scomparse da secoli; delle ali, un paio è ripiegato sul davanti; le altre erano dipinte su lastre di pietra alle loro spalle.
Al vertice, un’immagine corrosa che forse rappresenta Dio padre.
A sinistra un portale che ha nella lunetta una figura ora non più riconoscibile. Il portale di destra non è mai stato completato, in quanto dopo la chiusura della navata destra dava accesso soltanto ad una piccola cappella. Gli ingressi furono murati in epoca imprecisata.
Il pontile
L’aspetto dell’interno appartiene al primo periodo gotico. L’elemento di maggiore interesse, per bellezza e rarità, è il grande jubé.
Il pontile (o jubé) divide la navata centrale all’altezza della terza arcata, separando il coro, riservato ai membri della comunità monastica, dallo spazio aperto agli altri fedeli. In arenaria dipinta, è decorato da un bassorilievo su due fasce.
La fascia inferiore illustra le parole con cui comincia il Vangelo di Matteo: “Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli…”. L’elenco termina con le parole: “Giacobbe [un altro, non il precedente] generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo”.
Sono in tutto 40 personaggi, di cui 14 furono re, a partire da Davide. Matteo vuol qui dimostrare che Gesù, ebreo e giudeo, discende direttamente dal re Davide, ha quindi titolo per essere riconosciuto come Messia, cioè Re.
La fascia superiore rappresenta la Dormitio Virginis, l’“addormentamento della Vergine”, l’antica tradizione che è accolta nel dogma dell’Assunzione. La vicenda è rappresentata in tre scene. Nella prima, a sinistra, Maria viene deposta nel sepolcro dagli Apostoli in lacrime. Al centro, Cristo, in atto benedicente, e Maria, che ha in mano uno scettro, sono incoronati e seduti in trono con un manto regale sulle spalle. Ai due lati compaiono i simboli degli Evangelisti, testimoni degli eventi: a sinistra, l’aquila (Giovanni) e il bue (Luca); a destra il leone (Marco) e l’uomo (Matteo).
La seconda riga di testo sotto la scultura colloca cronologicamente quest’opera:
Anno ab Incarnatione Domini M°C°LXXX°VIIII° REGNANTE Frederico Imperatore Completum est opus istud sub Preposito Vidone
Nell’anno dall’Incarnazione del Signore 1189 durante il regno di Federico Imperatore fu completata quest’opera sotto il prevosto Guido
Quest’iscrizione esalta il profondo legame tra i canonici di Vezzolano e il grande imperatore Federico I Barbarossa, qui ricordato in associazione con il prevosto Guido (o Guidone), che guidò la comunità tra il 1170 e il 1200 circa. Il contesto nel quale si deve inserire la costruzione della chiesa è quello delle lotte tra l’Impero, i comuni e la Chiesa di Roma. La chiesa di Vezzolano era nell’epicentro di questi conflitti ed appariva ai contendenti con una pedina importante. Sia l’imperatore che il papa furono larghi di concessioni. Anche se nel 1189 la causa imperiale era ormai allo sbando il prevosto Guidone volle celebrare il completamento della prima fase di costruzione della chiesa, legando il suo nome a quello del grande protettore di Vezzolano.
In realtà per motivi stilistici la costruzione del pontile dev’essere collocata non prima del 1220-1230. La scritta sarebbe quindi la trascrizione di un’iscrizione preesistente. Ma a maggior ragione essa assume un particolare rilievo.
La vicenda costruttiva del pontile è complessa. La fascia inferiore comprende solo 35 dei 40 personaggi della genealogia di Matteo. I primi tre, Abramo, Isacco e Giacobbe, furono poi dipinti sul pilastro di sinistra, gli ultimi due, Giacobbe e Giuseppe, si vedono sul pilastro di destra. Quando la scultura comprendeva tutti i personaggi, doveva essere più larga di almeno un paio di metri. Era quindi prevista una diversa collocazione. Per motivi a noi sconosciuti, si decise di metterla dove la vediamo ora; mancando lo spazio, fu mutilata alle estremità.
Dopo quest’intervento drastico, che sicuramente appartiene alla storia antica della nostra Chiesa, il pontile non ha più subito modifiche, ed oggi ci si presenta in uno straordinario stato di conservazione, con la pittura originale che brilla in tutto il suo splendore.
Nel 1584 fu ordinato dal vescovo di Viterbo (casalese) in visita a Vezzolano di abbattere il pontile, in quanto non più conforme alla liturgia riformata: l’ordine non venne eseguito.
Le navate
La chiesa ha la struttura di una basilica a tre navate, ma cinque delle sei arcate della navata destra sono state utilizzate per il braccio settentrionale del chiostro. Di questa, come di altre modifiche al progetto originario di cui troviamo i segni, non è rimasta alcuna documentazione.
Osservando la struttura dal basso verso l’alto, vediamo il progressivo mutare delle idee costruttive: i robusti pilastri a sezione rettangolare ci rimandano al gusto romanico, mentre le arcate a sesto acuto, e soprattutto le costolature che apparentemente reggono la volta, sono indice dell’incipiente gusto gotico. Ma il raccordo fra le costolature e i pilastri è impreciso, a testimonianza di una assimilazione ancora imperfetta delle nuove idee.
I pilastri terminano con capitelli variamente decorati: motivi vegetali, forme geometriche, scene mitologiche.
L’abside
Nell’abside della chiesa di Vezzolano spicca il grande catino, con l’alternanza del colore del cotto e dell’arenaria sottolineata da una mano di pittura bianca e rossa.
Nella monofora centrale una Annunciazione mostra ancora il colore originario. L’angelo regge in mano uno scettro che termina in un motivo gigliato; Maria è in abito regale ed in atteggiamento ieratico.
Poiché la chiesa è orientata verso nord-est, dove sorge il sole al solstizio d’estate, ai fedeli la celebrazione dell’Annuncio si presentava fusa nella luce abbagliante del sorgere del sole. Recentemente è stata formulata un’ipotesi che vede in questo particolare orientamento un’intenzione simbolica. La chiesa potrebbe essere orientata non verso il punto del sorgere del sole al solstizio, ma verso il punto del sorgere della luna al lunistizio; secondo questa interpretazione ciò dovrebbe sottolineare la dedicazione della chiesa a Maria, che nel Medioevo era indicata con il simbolo della Luna. (Nella sacrestia della chiesa è esposta stabilmente la mostra La Luna, la Vergine e l’astronomia medievale).
Altre decorazioni scultoree rappresentano la Gerusalemme Celeste, in forma di città dalle alte mura turrite.
L’altare che apre il presbiterio ha a destra un elaborato capitello con l’immagine di Salomone che suona la viella, lo strumento musicale ad arco tipico dei trovatori, che proprio alla fine del XII sec. raggiungeva la sua forma più evoluta. Su lato opposto si scorge appena, purtroppo gravemente corrosa, la figura di un suonatore d’arpa.
Le due absidi minori sono integrazioni novecentesche.
L’altare
Ulteriore importante opera d’arte collocata a Vezzolano è il grande retablo in terracotta dipinta collocato sull’altare.
Il personaggio inginocchiato a sinistra (in passato interpretato come Carlo Magno, a fondamento della costruzione della chiesa ad opera sua) è stato identificato in Carlo VIII, re di Francia dal 1483 al 1498. Egli discese in Italia nel 1494-95 per conquistare il regno di Napoli, ma fu cacciato da una coalizione antifrancese. All’andata e al ritorno soggiornò per alcune settimane in Piemonte. In una delle due circostanze commissionò per la chiesa di Vezzolano, che nonostante l’incipiente decadenza aveva ancora un grande prestigio, quest’opera complessa e pittoresca. Il Re si riconosce dal volto, che corrisponde ai ritratti ufficiali dell’epoca; per lo scudo coi gigli di Francia ai suoi piedi, e il mantello azzurro tempestato di gigli d’oro sulle spalle; per il collare dell’Ordine di San Michele, istituito dal padre Luigi XI. Un religioso presenta il Re alla Madonna in Trono con il Bambino. A destra, Sant’Agostino in abito da vescovo con in mano il libro della Regola.
Il gruppo è racchiuso in una complessa architettura di stile tardo gotico; sullo sfondo un trompe-l’oeil rappresenta delle colonnine, un cielo azzurro e una tenda dorata.
Il chiostro
Dalla chiesa, attraverso una piccola porta, si accede al chiostro, dove elementi di epoche diverse e affreschi del XIII e XV sec., magnificamente conservati nel tempo, coesistono avvolti dal silenzio in perfetta armonia.
Il chiostro è il perno della vita monastica. Un ambiente quadrato, simbolo di raccoglimento e quiete, sul quale si aprono tutti gli ambienti del monastero.
A Vezzolano vi sono due particolarità. La prima, è che i quattro lati del chiostro sono stati edificati in epoche diverse. La parte più antica è quella occidentale, che risale probabilmente alla prima fase costruttiva della chiesa (fine XII sec.). La seconda comprende il braccio settentrionale e parte di quello orientale, che ricevono l’attuale sistemazione nel corso del XIII sec. La restante parte del braccio orientale e il braccio meridionale sono il frutto di modifiche dei secoli successivi.
L’altro aspetto insolito è che il braccio settentrionale del chiostro occupa lo spazio originariamente destinato a cinque delle sei arcate della navata destra della chiesa.
Questa zona presenta un vasto ciclo di affreschi realizzati tra la metà del XIII e la metà del XIV sec. Sono opere di autori anonimi, la cui interpretazione è tutt’ora oggetto di studio. Si tratta, con tutta probabilità, di una vasta area sepolcrale destinata a ospitare le tombe di grandi famiglie. Le sepolture non sono più riconoscibili, sono rimasti gli affreschi a testimoniare il legame tra la comunità di Vezzolano e i poteri del tempo.
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Maurizio Pistone, Vezzolano. Guida alla Canonica Regolare di Santa Maria, casaeditriceEDITO, 2016.